La disciplina del Porto franco di Trieste non ha subito sostanziali modifiche a seguito della prima guerra mondiale all’esito della quale Trieste e Fiume, ed i relativi porti franchi, furono annessi all’Italia. Il Regno d’Italia, infatti, recepì tale istituto nella legislazione doganale italiana.
Con i trattati di pace conclusi tra l’Italia e l’Austria a Saint-German-en-Laye nel 191952 (con cui Trieste fu annessa al Regno d’Italia) e con l’Ungheria a Trianon nel 1920, veniva concesso agli Stati dell’ex Impero austro-ungarico, che a seguito della prima guerra mondiale si trovavano privi di sbocchi sul mare, l’utilizzo dei porti e dei punti franchi dell’ex Impero53.
Sempre nel 1920, veniva esteso il regime dei punti franchi di Trieste (come definito dalla normativa austriaca) al piazzale legnami di Servola (solo per il legname)54.
Come si è anticipato, in un primo momento il governo italiano manteneva il regolamento austriaco emanato nel 1910, esteso ad entrambi i punti franchi (vecchio e nuovo).
In particolare, il regio decreto n. 1356 del 15 settembre 1922 prevedeva l’«estensione alle nuove provincie della legge e del regolamento doganale vigenti nel Regno» stabilendo, all’art. 11 il mantenimento di «tutte le disposizioni vigenti a favore dei Punti Franchi delle nuove provincie».
Lo stesso principio veniva confermato dall’art. 1 del decreto ministeriale del 20 dicembre 1925 n. 1693 che statuiva che «i Punti Franchi di Trieste (Porto Vittorio Emanuele III55 e Porto Emanuele Filiberto Duca d’Aosta56) e Fiume sono considerati fuori dalla linea doganale».
Peraltro è stato osservato come la regolamentazione dei punti franchi da parte del Regno d’Italia, pur avendo confermato la precedente disciplina, era carente e limitata sotto alcuni aspetti e non sicuramente all’altezza di quella del 1891. In particolare, essa si limitava a disciplinare la materia dei punti franchi e del credito doganale, senza nulla disporre in merito ai depositi doganali posti all’esterno del punto franco (che avevano la stessa funzione di quelli interni al punto franco) né in merito al cabotaggio57.
Con il regio decreto-legge 22 dicembre 1927 n. 2395, già citato nel paragrafo precedente, veniva dichiarato porto franco, a partire dal 1°gennaio 1928, il porto di Trieste (oltre ad ulteriori tredici porti italiani), così confermandone il regime.
Infine, va ricordata la legge doganale 25 settembre 1940 n. 1424 al cui articolo 1 veniva ribadita la collocazione dei depositi franchi e dei punti franchi fuori dalla linea doganale, facendo salva la disciplina di favore del Porto franco di Trieste.
Concludendo in merito al regime giuridico del Porto franco di Trieste nel periodo tra le due guerre mondiali, si può osservare che esso risultava disciplinato unicamente dalla normativa italiana interna che, come si è visto, si rifaceva alla normativa previgente di origine austro-ungarica.


  • 52 In particolare, con l’art. 311 del Trattato veniva «accordato all’Austria libero accesso al mare Adriatico e le è riconosciuta, a questo fine, libertà di transito sui territori e nei porti separati dall’antica Monarchia austro-ungarica».
  • 53 Cfr. Il Porto Franco di Trieste dal 1862 al 2012, Evoluzione normativa da porto franco dell’Impero Austro-Ungarico a porto franco internazionale, Astra Servizi S.r.l., 2012, p. 79.
  • 54 Si vedano il decreto commissariale 7 agosto 1920 n. 6406/7024 ed il decreto commissariale 9 aprile 1921 n. 640/14518.
  • 55 Si tratta del c.d. porto vecchio
  • 56 Si tratta del c.d. porto nuovo.
  • 57 Cfr. La zona franca portuale di Trieste nel diritto doganale speciale e comunitario, cit., p. 21.